lunedì 11 novembre 2013

Finirà?

È questa la domanda che pongo a me stessa tutti i giorni. "Finirà?" E se sì, quando? Vi prego, ditemi quando. Io non ho la faccia tosta di paragonare la mia ad una "vita". In questo mondo mi è stato concesso solo di "osservare" lo scorrere tranquillo dei giorni altrui e basta? Mentre io sono su una montagna russa che non vuole saperne di fermarsi? No, non posso sopportarlo. Avessi almeno un modo per sfogare questo dolore, per renderlo "arte". Non sono neppure in grado di fare questo. È come se mi fossi privata di tutto, vi giuro, tutto. Sono arrivata a non avere più la concentrazione neppure per leggere un libro o vedere un film. È roba da suicidarsi all'istante. E non mi meraviglia che i miei pensieri girino sempre in torno a questo tema, appunto: il suicidio. A volte ho paura di farlo sul serio. Altre è solo un pensiero che mi sfiora la mente. E quando non c'è, quando sento di riuscire a tenerlo almeno a minima distanza, sopraggiunge quell'orribile sensazione, come se stessi ingannando me stessa, e allora mi dico e gli dico: vai, torna, tanto tu fai parte di me; tanto essere felice non può appartenermi. Chi sarei oggi se avessi vissuto in condizioni diverse? Chi sarei se avessi avuto una famiglia diversa, un corpo diverso (o magari anche lo stesso)? È la mia mente che produce quest'inferno, ma la mente viene condizionata dalle persone che ci circondano, dall'ambiente in cui viviamo, dagli esempi che ci vengono dati. Sono cresciuta sentendomi sola a causa dei miei genitori, poi sono sopraggiunti gli altri a farmi del male, e dopo aver assorbito tutto questo, come sarei potuta crescere se non così? Non c'è nessuno che si renda conto del mio malessere. Nessuno, credetemi. I miei mi lasciano affondare, alla fine sono loro i primi responsabili di quel che sono, se si soffermassero sul mio dolore dovrebbero fare i conti con se stessi, con i sensi di colpa, forse, e questo sarebbe troppo per loro. Perciò? Be', mi lasciano sospesa qui. Sapendo che potrei cadere da un secondo all'altro. Ma non sarebbe una folata di vento a farmi cadere. Sarei io stessa a buttarmi via. A buttarmi verso il nulla della morte, perché tanto non c'è più alcuna differenza. Questa è paragonabile ad una morte che concede di respirare, camminare, parlare. Ma comunque la realtà è che non si esiste più ..

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