venerdì 8 novembre 2013

Ciao a tutte. Da tempo, ormai, avevo intenzione di creare un mio blog. Penso sia l'unico modo per parlare pienamente di ciò che mi tormenta, ma che ho imparato a riconoscere solo da un paio d'anni. Per gli altri è difficile, se non impossibile, capire questo genere di problema. E di conseguenza diventa impossibile aprirsi. Molti lo ritengono un capriccio, altri fingono di sostenerti per un po' e poi si stancano, altri non ti considerano affatto e non si rendono conto di quanto la tua situazione sia degenerata nel tempo.
Credo di aver sempre sofferto di disturbi alimentari. A 13 anni i miei genitori si separarono, e ricordo di aver cominciato a provare un senso di nausea tutti i giorni, una nausea che non mi lasciava scampo; inizialmente doveva trattarsi di nausea dovuta a quella situazione, che poi, però, si trasformò in nausea verso me stessa. Da lì cominciai, per così dire, a perdere la mia innocenza. La visione del mondo che avevo cambiò totalmente. I miei pensieri non erano più gli stessi. La cosa paragonabile a quella goccia di cui tanto si parla, però, quella che fa "traboccare il vaso", fu un episodio accaduto con dei ragazzi della mia zona. Voglio essere breve, perché anche solo ricordarlo mi scombussola completamente. Saranno stati in 6, più o meno. Un giorno, mentre ero con una mia amica, uscirono all'improvviso da una strada, mi presero, mi portarono dietro una via, mi misero un pupazzetto per le chiavi in bocca e cominciarono a toccarmi, ad abbassarmi i vestiti... La mia vista si annebbiò per il trauma. Non riesco a ricordare più niente. Tornai a casa ma, avendo un rapporto inesistente con i miei genitori, non dissi nulla. Per anni tenni tutto questo per me. Ed ovviamente, questo episodio che non ebbi il coraggio di raccontare a nessuno, con gli anni riemerse sotto forma di "sintomo".
Il punto è che, a questi ragazzi (faccio fatica a chiamarli così, non li ritengo neppure esseri umani), non bastò ciò che mi avevano fatto. Infatti, io andavo a scuola con il pullman, ed al ritorno, a causa del traffico, passavano almeno 45 minuti prima che arrivassi a casa. Loro prendevano lo stesso autobus. E per 45 minuti, per mesi, tutti i giorni, presero ad umiliarmi per quanto riguarda il mio aspetto fisico, con vari e continui insulti. Inutile dire che assorbii tutto. Il primo pensiero sulla dieta lo feci allora. Quando scesi dall'autobus, un giorno, mi dissi "Devo dimagrire!", ma con una tale cattiveria verso me stessa, lo dissi, che a ripensarci ora mi vengono i brividi.
La mia vita "finse" di continuare per qualche anno (così come finge di continuare tutt'ora), ma lentamente, nonostante fisicamente fossi sempre la stessa, cominciai ad indebolirmi. La mia era una debolezza interna che si ripercuoteva sul corpo. Cominciai con il primo ricovero perché avevo smesso di mangiare e di bere. I miei finti amici venivano a trovarmi, ma io mi sentivo sola. Credo avessi una voglia spaventosa di morire, che mi porto dietro da allora. Dopo essere stata dimessa, cominciai ad essere sempre malata. Non uscii per molto tempo. Lasciai la scuola (cosa che non ho mai accettato, perché mi fa sentire una nullità). Dopo un po' ripresi ad uscire normalmente. Non ripensavo affatto a ciò che mi era successo. Il mio inconscio teneva tutto per sé. Ma tutto uscii fuori. Durante l'estate del 2011, improvvisamente, cominciai ad isolarmi. Uscivo solo con un mio amico, e neppure sempre. E da lì cominciai a camminare TUTTI i giorni. Mangiavo, andavo a camminare, fumavo. L'inverno cominciai a stare male. A scuola ero la più brava (avevo ripreso, ma ero rimasta indietro con gli anni), e le mie compagne mi odiavano per questo. Uscii fuori una totale sfiducia nel genere umano che mi portò a soffrire di attacchi di panico, ansia, depressione. Non riuscivo più a stare in mezzo alla gente. Mi sembrava un incubo, e lo è tutt'ora, perché non ho più superato quella paura di trovarmi in mezzo agli altri. Lasciai di nuovo la scuola Non uscivo più. Mi buttai sugli ansiolitici (anche questa cosa non ho mai accettato, perché odio il fatto di aver bisogno di un farmaco). Cominciai a soffrire di gastrite fortissima, e questo mi faceva sentire ancora più depressa. Presi a tagliarmi e smisi di mangiare. Le mie giornate erano un inferno. Ad aprile mi ricoverarono in psichiatria per questo motivo. Per nove giorni fui chiusa tra quelle mura. E scoprii di non voler più uscire. Nacque una vera e propria dipendenza da quel posto. Mi illudevo che lì si sarebbero presi cura di me. Ma non era così, perché mi toglievano solo più vita di quella che le circostanze mi avevano già tolto. Una dottoressa, una volta, mi diede apposta due pillole sbagliate. Cominciai a camminare in preda al panico per il corridoio. Non capivo più niente. Svenni. Fu una sensazione orribile. Ciò nonostante, il giorno in cui mi avrebbero dovuta dimettere, chiesi di rimanere altri due giorni. Non so perché. E proprio quel giorno in cui chiesi di rimanere, conobbi quello che è il mio attuale ragazzo. Mi stavo asciugando i capelli nella mia stanza. Ad un tratto sentii qualcosa di strano. Misi la testa fuori dalla porta e vidi questa figura agitata in fondo al corridoio della psichiatria. Entrò nella stanza in cui si era soliti fumare. Con i capelli ancora umidi, qualcosa mi tirò a seguirlo. Andai lì. Mi accesi una sigaretta. Lui era girato di spalle. Non so perché, essendo una parecchio timida, ebbi il coraggio di dirgli "E tu com'è che sei qui?". Si girò. Era un ragazzo bellissimo. Dei lineamenti fantastici. Rise, e mi disse "Vuoi la verità? Non lo so neppure io. In  realtà ho avuto problemi con i miei genitori, sono stato un po' depresso e mi hanno portato qui". Ci scambiammo qualche parola e poi io tornai nella mia stanza. Dopo un po', forse un'ora, me lo trovai a bussare alla porta, e mi disse "Ti prego, vieni a stare un po' con me, sei l'unica normale qui". Andai molto volentieri. Non ricordo esattamente cosa ci dicessimo, ero imbottita di farmaci e non capivo quasi nulla. Ricordo che gli lessi alcuni pezzi di uno dei miei libri preferiti. Mi sembrava un ragazzo tranquillissimo. Quella sera, eravamo sempre nella stanza in cui si fuma, io fingevo di guardare la tv mentre in realtà desideravo baciarlo. Non appena uscii una signora dalla camera, anche lei ricoverata lì, mi girai verso di lui e ci baciammo. Mi sembrava quella che si è soliti chiamare "luce in mezzo ad un tunnel". Forse avevo solo fame d'amore, e credevo di averlo trovato finalmente, perché da lì non ci separammo più, fino a ieri...
Dopo essere usciti tutti e due, cominciammo a stare tutti i giorni insieme. Era bellissimo. Io, però, continuavo a mangiare poco e niente. Lui si prese cura di me a modo suo. Un giorno mi fece un discorso in macchina urlando come un matto, ancora lo ricordo. Nonostante urlasse io ero felice. Mi portò a casa sua al mare (che in realtà è del fratello, che praticamente gliel'ha lasciata) e prese a controllarmi sul cibo. Pranzavamo e cenavamo insieme, anche se io avevo sempre l'ansia quando arrivava il momento di dover mangiare e spesso mi rifiutavo di farlo. Lui si incazzava tantissimo. A modo suo, riprese a farmi mangiare un po'. Di certo non stavo più male come prima che mi ricoverassero. Sentivo di voler vivere per lui, e presi a prendermi un po' più cura di me, anche se non del tutto. Ma la nostra non era una storia destinata ad essere tranquilla, e lui non era come lo immaginavo. Con il tempo cominciammo a litigare sempre di più, tutti i giorni. Lui non si rendeva più conto di quanto fossi debole, che in un momento di follia, se avessimo continuato in quel modo, avrei anche potuto uccidermi. Mi sentivo oppressa. Era molto geloso. E dovetti modificare quella che era la mia personalità con gli altri. Più volte mi incolpò di aver guardato ragazzi per strada che io non avevo neppure visto passare, e da lì nascevano liti che duravano ore, scenate assurde. Tutto questo stress mi tolse quel po' di vita che con fatica ero riuscita a riprendermi. Ad ottobre dell'anno scorso cominciai a girare di nuovo per gli ospedali, a prendere di nuovo farmaci. A non mangiare. Stavo male per lui. Ero delusa. Ma neppure io capivo che in realtà il motivo di tutto quel malessere fosse "lui". Capii che non si trattava più di gastrite, di terrore di vomitare (ho sempre sofferto di emetofobia); non erano questi i motivi che mi spingevano ad avere questo rapporto malato con il cibo. Era lei. Era lei, sì. L'anoressia. Era lo schifo verso me stessa, verso il mondo, verso la vita che ed il corpo in cui ero "costretta" a vivere; quel corpo che non ho mai accettato. Per anni ignorai la vera ragione dei miei problemi. Ci mise un po', ma alla fine trovò modo di uscire fuori.
Qualsiasi cosa mangiassi mi spingeva a camminare. Ero sommersa dai sensi di colpa. Il cibo ingerito mi faceva venir voglia di morire. Da lì fu un continuo peggioramento. Un'ossessione che non poteva in alcun modo diminuire. Per un periodo diventai completamente vegana. Ma quest'estate cominciai ad abbuffarmi. Sentivo quella voglia impossibile da frenare di colmare un vuoto dentro, quel voto che mi avevano creato gli altri. Mangiavo, facevo iperattività. Andai anche in un centro per disturbi alimentari a Potenza, dopo avermi visitata mi dissero che, sì, soffrivo di anoressia nervosa che porta all'iperattività. C'erano ragazze magrissime lì... Mi meravigliai nel capire che, anziché essere dispiaciuta per loro, le invidiavo. Alla fine non ci andai, perché non riuscivo a separarmi da lui per 5 mesi. Ma credo fu un grande errore. Il cibo mi fa sentire disperata, eppure non riesco più a resistergli. Dopo aver mangiato piango, e comincio a camminare senza meta. Credo di essere solo troppo stanca di tutto questo. Ho aperto questo blog perché sono arrivata al limite. E forse perché voglio distruggermi ancora di più. Io voglio dimagrire, perché è l'unica cosa (forse mi illudo di questo) che possa farmi sentire viva. Voglio vedere le mie ossa uscire fuori. Voglio che la gente smetta di distruggermi, e so che solo a quel punto smetterebbero, sarebbero costretti... perché arrivati lì, io avrò già distrutto così tanto me stessa da non poter più dare il potere di farlo agli altri. È patetico che la gente capisca quanto una persona possa arrivare a soffrire solo quando è ormai troppo tardi. E a quel punto sarebbe tardi eccome. Spero leggendovi, e con il vostro aiuto, io possa arrivare al mio obiettivo. So che è una follia, sia la mia che la vostra, ma l'alternativa sarebbe uccidersi all'istante.

3 commenti:

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    1. Ti mando un abbraccio anch'io. Purtroppo la crudeltà della gente a volte arriva ad essere immensa, ed io l'ho capito troppo presto.

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  2. Ciao, ho letto questo bellissimo post, bellissimo nella forma, nella scrittura e terribile nel suo contenuto.
    Quello che ti hanno fatto è inclassificabile, li vorrei umiliare e picchiare..li odio tutti loro e quelli come loro.
    So cosa significa essere umiliati e cosa significa non avere una famiglia.
    Non ti aiuterò a dimagrire ma spero che ti aiuterò a vivere e guarire.

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