mercoledì 15 gennaio 2014

Il cibo mi rende triste. Non mi permette di esistere. Non è una semplice frase, questa è la descrizione della realtà, della "mia" realtà. Se io mangio, non posso uscire. Se mangio, non posso ridere, studiare, fare qualsiasi altra cosa che non sia camminare o correre o pulire per bruciare calorie. Se io mangio, NON POSSO vivere. Qualcosa me lo impedisce, forse è la vergogna di me stessa, un senso di inadeguatezza. Comincio a pensare di aver sempre avuto la fobia del vomito non tanto per la paura del vomito in sé, ma per la vergogna di ciò che avrebbero potuto pensare gli altri casomai mi fosse venuto da vomitare. Non voglio gli altri pensino "Che schifo, guarda cos'ha mangiato". Forse è questo. Non lo so, io sto perdendo la testa molto probabilmente, sono un animale rassegnato al suo destino, intrappolato in una gabbia unta di grasso. Chissà come sarebbe uscire fuori, all'aria aperta, smettere di guardare il mondo solo attraverso le sbarre, ma viverlo, toccarlo. Io la vita non me la posso permettere da tanto tempo. Non so neppure di cosa mi stia punendo, perché tutte noi ci puniamo decidendo di assecondare questa patologia. Forse per il semplice fatto di essere nate? Perché tanto che senso ha, quelli che avrebbero dovuto amarci hanno fatto di tutto per farci sentire un peso. Ed è per questo che vogliamo dimagrire, giusto? Vogliamo smettere di sentirci un peso. Smettere di sentirci rinfacciare anche le briciole. Noi vogliamo essere leggere, fino a scomparire, forse fino a morire... ma sono gli altri ad essere morti. Noi viviamo nel dolore, ma è pur sempre un dolore sincero quello che viviamo. Gli altri vivono solo di finzione. E non c'è morte peggiore del vivere cercando di essere ciò che non si è. Peggio ancora quando si finge per così tanto tempo da arrivare a perdere completamente le tracce della propria personalità. Che è un po' ciò che succede anche a noi, non siamo immuni da tutto questo. Ma la sofferenza saprà sempre ricordarci chi siamo state e chi continuiamo ad essere. No, soffrire non è inutile, ne sono sicura.

1 commento:

  1. Non è il cibo a renderti triste, sei tu che gli dai questo potere su di te--come io quando mi abbuffo...non è ci cibo a farmi ingrassare, sono io che se mi abbuffo ingrasso ma se mangiassimo in maniera normale entrambe staremmo bene. Addossiamo il problema al cibo per spostarlo da noi...noi siamo il problema, le nostre difficoltà nella vita e psicologiche che si ripercuotono sul nutrimento essenziale per l'uomo.
    La sofferenza è una coperta calda dove è bello rifugiarci...ci rannicchiamo su quel tessuto morbido e guardiamo la vita che scorre per tutti gli altri tranne che per noi, perché noi siamo troppo vigliacche e abbiamo paura di vivere...e allora meglio piangerci addosso e pensare che tutti e tutto è brutto e cattivo. E noi siamo buone e siamo le piccole Giovanna d'Arco.
    E il mondo è brutto e cattivo e le persone sono stronze e ci deludono ma noi abbiamo quel coraggio di ributtarci nel fiume e trovare le cose che ci rendono felici, e trascorrere i nostri anni non solo come osservatrici infelici ma come parte integrante della nostra esistenza.
    Tu hai la forza di risvegliarti da quel torpore e sapere che c'è molto di meglio, là fuori, che non la coperta calda del vittimismo e del nostro triste passato....diamoci un taglio.
    Guardiamo avanti, guarda avanti e più in là ci sarà qualcosa di meraviglioso da scoprire.
    Non soccombere alla depressione, alzati.

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